Un barile che viene scaricato. Da un essere umano all’altro. Fino ad arrivare al Padre Eterno. Ecco l’immagine evocata da certe notizie.
«Se l’assistenza non viene garantita con tutti i criteri di qualità ed efficienza, rispettando gli standard strutturali e organizzativi che ogni punto nascita richiede, la gestante o il nascituro possono facilmente incorrere in rischi molto seri se non letali», viene riportato su diverse testate giornalistiche tra il 16 e il 17 novembre 2017, citando la lettera di denuncia depositata dai dirigenti medici del reparto.
Lo scorso gennaio, i medici avevano «inviato all’Asp richiesta di adeguamento della Sala parto secondo gli standard tecnologici ed organizzativi, senza alcuna risposta».
In realtà, a differenza di quanto riportato in quella notizia, una risposta da parte della dirigenza c’è stata. Il 20 febbraio 2017 in una delibera ufficiale e pubblica, in quanto accessibile sull’albo pretorio, la dirigenza ha già messo nero su bianco che «il Punto Nascita dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia […] rispetta parzialmente i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi previsti dalla normativa di riferimento».
Sebbene in alcuni casi le indagini – e i processi – siano ancora in corso, è un fatto accertato che più di una gestante e più di un nascituro hanno già subito rischi molto seri e letali in quello stesso punto nascita. Forse è il momento che ciascuno si assuma le proprie responsabilità evitando ciò che viene evocato da certe notizie.
AGGIORNAMENTO
Il 4 dicembre la parlamentare Dalila Nesci ha condiviso in diretta le risultanze della sua ispezione al reparto di ginecologia dell’ospedale concludendo che «il diritto alla nascita e alla salute è compromesso in questa provincia!»
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