C’è un medico che lavora con dedizione e umanità per tutta la sua vita. In molte occasioni è capace di prendere le decisioni giuste, di salvare delle vite umane, ma un maledetto giorno, chissà per quale ragione, commette errori su errori, non riuscendo a leggere i risultati di un’analisi del sangue e non facendo un’ecografia approfondita.
Non riesce a capire la gravità di una richiesta di soccorso, ritardando un intervento che avrebbe potuto salvarti la vita. Quando se ne rende conto è già troppo tardi, si fa prendere dal panico e ti mette paura proprio prima che tu ci saluti per l’ultima volta.
Sebbene qualcuno, mimando il gesto di lavarsi le mani, gli dica che ormai sei nelle mani dei chirurghi e che la responsabilità non è più la sua, decide ugualmente di partecipare all’intervento, pur sapendo che con quella diagnosi e quel ritardo ci vorrebbe davvero un miracolo per salvarti.
Alla fine scoppia a piangere, mi dice che tu non dovevi morire, mi dà le condoglianze. Gli dico di stare zitto: lo so che non dovevi morire e lo sa anche lui.
Può aver lavorato con dedizione e umanità per tutta la vita, ma è bastato l’aver contribuito a causare la tua morte per disonorare un’intera carriera.
Forse anche quel medico sta soffrendo, di certo non come noi, ma non sappiamo ancora se ha avuto il coraggio di ammettere le proprie responsabilità davanti a chi sta indagando sulla tua morte e di pagare le conseguenze delle sue azioni, recuperando una parte dell’onore che gli resta.