In Calabria – e in tanti altri posti – si continua a morire dopo il parto, purtroppo. Nel gennaio del 2017 è toccato a Tiziana Lombardo, mia moglie, poco prima che compisse 38 anni. Tempo prima era toccato a Eleonora Tripodi, a soli 32 anni.
Pochi giorni fa, purtroppo, un’altra giovane mamma, Santina Adamo, alla sua seconda gravidanza (come Tiziana), ha perso la vita dopo il parto. È successo in un ospedale nel quale non c’era un centro trasfusionale né un chirurgo per poter intervenire prontamente.
Anche se adesso si cercherà in tutti modi di far luce sull’accaduto, così come si sta ancora cercando di fare per la morte di mia moglie, nulla e nessuno potrà restituire alla vita queste giovani donne che volevano semplicemente vivere il dono della maternità ed essere presenti nella vita dei loro figli e delle loro famiglie.
Ci saranno indagini, indagati, task force (reali o solo annunciate), processi decennali, ma soprattutto ci sarà il dolore indescrivibile di chi vive questa perdita in prima persona, dolore a cui dovrà comunque coesistere la forza di fare del proprio meglio per crescere in modo sano i doni che queste madri hanno lasciato: i loro figli, i nostri figli.
Sono donne morte dopo il parto: Tiziana Lombardo, Santina Adamo, Eleonora Tripodi e tante altre di cui non conosco il nome. Un destino condiviso e l’auspicio che le loro morti possano avere almeno il significato di salvare la vita di altri; che il momento della nascita possa essere solo gioia infinita e non interminabile dolore.
Ricordate i loro nomi e le loro storie.
Ricordateli ogni volta che vedrete una mamma che amorevolmente si prende cura dei propri figli. Ricordate che queste giovani madri non possono più farlo. Per ragioni che, in molti casi, non ci è dato sapere.
Il 27 ottobre 2017, a poco meno di dieci mesi dall’accaduto, sono stato intervistato da Cristina Iannuzzi, giornalista di LaC News 24. Di seguito la trascrizione del video completo.
C.I.:Il 3 gennaio scorso Tiziana Lombardo mette al mondo la sua secondogenita Giada. Due giorni dopo, la tragedia: muore in sala operatoria. Sono trascorsi nove mesi da quel gravissimo fatto, accaduto all’ospedale di Vibo Valentia. Ma cos’è cambiato in questi nove mesi per Antonio Libertino che ha perso la moglie e i cui due figli hanno perso la mamma?
A.L.: In questi nove mesi stiamo facendo del nostro meglio per andare avanti, onorando il passato, vivendo il presente e progettando il futuro, perché quando succede qualcosa di questo tipo, quando si perde la propria compagna di vita, è necessario farsi forza per se stessi e anche per i figli ovviamente. Perché Tiziana ha lasciato, oltre a me, due figli: una bambina appena nata, di due giorni all’epoca dei fatti, e un bambino che in quel periodo aveva da poco compiuto 5 anni ed è quello che ho ho seguito di più, nel senso di dargli una mano per poter esprimere tutte le sue emozioni, per poter stare bene psico-fisicamente; perché per un bambino, così attaccato alla propria madre, perderla in quella situazione è stata molto dura. Tra l’altro, ho dovuto dirglielo proprio in quel momento perché eravamo tutti insieme quando l’abbiamo saputo e allora non c’era altra soluzione che dirglielo in quel momento. Ho dovuto trovare la forza per dirglielo nel modo migliore possibile e poi stargli vicino per per aiutarlo a stare bene.
Ricordiamo quello che è successo a sua moglie.
È successo il 5 gennaio, due giorni dopo la nascita della nostra secondogenita. Lei ha avuto un forte malore in mattinata, io sono arrivato quasi subito, l’ho trovata pallida, con la febbre, e ho chiesto aiuto ai medici, i quali si sono attivati. Si sono attivati, però c’ è voluto diciamo abbastanza tempo prima che si agisse e si facesse un intervento, intervento che poi è durato tantissimo. Per noi che eravamo dietro la porta blu è stata un’attesa interminabile. Poi alla fine sono stato chiamato dentro e ho chiesto se ce l’avesse fatta e purtroppo non ho ricevuto la risposta che volevo.
E lì, dopo averlo detto a mio figlio, dopo aver già trovato la forza di dirlo a mio figlio, il giorno dopo ho trovato la forza di denunciare tutto quello che a mio modo di vedere doveva essere valutato dalla Magistratura e tuttora ci sono delle indagini in corso.
Nei giorni successivi io ho cercato di farmi forza attraverso la scrittura, attraverso i disegni, attraverso delle storie che ho cominciato a raccontare e poi ho deciso di raccogliere questi miei scritti in un sito internet, in un libro e il il libro è quello che ha tra le mani.
A.L.: Il titolo è questo perché abbiamo provato tantissimi sottotitoli a
questo libro, però alla fine ho deciso che dovesse prevalere l’Amore perché questa è la storia di un Amore e magari può ispirare altre persone, questo Amore, e far sì che nasca altro Amore.
Del resto, una delle frasi che ho scritto e che ho voluto scrivere all’inizio del libro è “Possa la morte di qualcuno avere almeno il significato di salvare la vita di altri“, perché, indipendentemente da quelli che saranno i risultati delle indagini, questa storia può aiutare tante persone.
Può aiutare me, ad essermi da stimolo paradossalmente ad affrontare la vita senza la mia compagna di vita.
Al tempo stesso può essere utile alle donne in dolce attesa, le quali
potrebbero rendersi consapevoli di eventuali segnali che si possono
verificare alla nascita di un bambino e quindi magari poterli
affrontare diversamente da come li abbiamo affrontati noi.
E inoltre, sempre indipendentemente dalle dalle risultanze delle indagini, anche gli operatori sanitari e i medici possono prendere consapevolezza del ruolo che che svolgono e e dell’attenzione che devono mettere nella nella loro attività medica.
La cosa strana che è successa è che molte persone hanno cominciato a scrivermi, hanno cominciato a dirmi che quello che io stavo facendo – perché di volta in volta io pubblicavo questi miei scritti, queste mie storie – stava aiutando anche loro. La cosa mi è sembrata molto strana all’inizio perché credevo che io stessi facendo quello che stavo facendo principalmente per me, poi ho parlato con alcuni psicologi i quali mi hanno detto che attraverso di me le persone riuscivano a prendere consapevolezza di alcune situazioni ed eventualmente affrontarle senza il grande dolore che invece stavo provando io.
Cosa le manca di più di sua moglie?
Tutto. La sua presenza in ogni caso è qui con me perché ci sono i miei figli che sono i doni meravigliosi che lei mi ha lasciato e di cui mi sto prendendo cura.
E lei come sta?
Io sto bene, fondamentalmente, perché proprio il fatto di affrontare di petto le emozioni che affioravano di volta in volta mi sta permettendo di mantenere serenità e calma nonostante tutto.
Antonio, perché ha scelto questo luogo? Siamo davanti alla cattedrale di Mileto.
Ho scelto questo posto perché è il posto in cui io e Tiziana ci siamo sposati e purtroppo è anche il posto in cui io ho dato l’ultimo saluto a mia moglie, perché è il posto in cui è stato celebrato il funerale il 9 gennaio di quest’anno. Ho scelto subito questo posto quando mi hanno chiesto dove celebrare il funerale perché per me era molto significativo e mi sarebbe piaciuto proprio, purtroppo, mio malgrado, fare il funerale qui.