
MIO PADRE

Una volta ti avevo raccontato di alcune popolazioni che alla morte di un loro caro facevano una gran festa e si vestivano di bianco.
Non l’avessi mai fatto. Da quel momento, ogni volta che veniva fuori l’argomento, mi dicevi che, quando saresti morta, io avrei fatto una gran festa.
Quella sera, anche prima di fornire le prime informazioni alla Polizia, la mia preoccupazione più grande è stata quella di portare Pasquale a casa, nel suo letto. E dopo averlo coricato, senza mettergli il pigiama per una volta, mi sono appoggiato anch’io sul nostro letto, dal tuo lato, e mi sono messo a piangere come non avevo fatto mai.
“Hai visto che festa sto facendo, moglie mia? Hai visto?”, ti ho chiesto, senza aspettarmi alcuna risposta.
Poi mi sono raggomitolato con le mani sotto il tuo cuscino e, nonostante la casa fosse fredda, perché non c’eravamo stati tutto il giorno, quella parte del letto era caldissima, quasi come se tu la stessi occupando ancora.
Quella notte sono stato lì, ma non ho dormito. All’alba dell’Epifania che non scorderò mai, ho voluto chiamare uno dei tuoi fratelli per chiedere se fosse vero e purtroppo lo era.
Niente festa e niente vestiti bianchi per una partenza così improvvisa, amore mio. Niente festa. Non ci hai dato il tempo di prepararla. Ma non preoccuparti: ci saranno altre feste in questa vita e le festeggeremo portandoti nel cuore.
Tre finiti, tanti cominciati, da quando non ci sei più. Li leggo quando c’è silenzio in casa, forse di sera, quando tutti stanno già dormendo o di mattina quando gli altri si stanno per svegliare.
Mi ricordo di averli in libreria, acquistati senza mai averli sfogliati perché prima o poi li avrei letti o perché in quel momento avrei potuto comprarli e forse dopo non lo avrei fatto.
Tra questi ho trovato un libro in cui Giulio Cesare Giacobbe, che è anche uno psicoterapeuta, racconta di come abbia affrontato la prematura scomparsa del figlio ventisettenne: continuando ad amarlo, a parlargli e a portarlo con sé. Perché se li ami non muoiono mai.
Allora penso che parlandoti, a modo mio, cioè , mettendo i miei pensieri per iscritto, affinché i nostri figli li leggano quando sarà il momento giusto per loro, posso continuare a farti vivere ancora, a non lasciarti morire come quel giorno. E voglio sperare che negli ultimi istanti della tua vita terrena, dopo averti detto che ti lasciavo in buone mani, tu sia riuscita ad allontanare i sentimenti di paura e di rabbia e abbia potuto mettere al centro solo l’amore, il tuo amore per noi e quello di chi ti ha amato e continua ad amarti, permettendoti di non morire mai.